Dens in Dente o meglio invaginazione dentale
di Jacopo Cioni
Nel corso di una carriera si può talvolta trovare casi particolari che segnano non solo la sorpresa ma anche, purtroppo, la lunga attività; anni che aumentano le probabilità di trovare qualcosa di raro. Mio padre ricordo che proprio durante l’avulsione di un 8° ad un collega si trovò davanti ad una fusione fra due denti, non infrequente, ma lo diventa se la fusione è fra un 8° e un 9° cioè un dente praticamente “estinto”. All’epoca avere una macchina fotografica macro in studio era ancora raro e il “titolare” del dente, essendo un collega, lo volle portare via con se. Trovare un nono è successo anche a me e questa volta la macchina fotografica c’era! LINK
Oggi mi trovo davanti ad uno di questi casi, una rarità, un dens in dente o più propriamente secondo P. Masi su Patologia Speciale Odontostomatologica un dents invaginatus. Lo stesso Masi riporta che l’incidenza maggiore è nei laterali superiori. Nel nostro caso possiamo anche aggiungere una anomalia di forma e di volume in quanto l’elemento appare conoide come è possibile vedere in foto.
L’aspetto in radiografia descrive una anatomo-poatologica classica, il dente presenta due cavità distinte, la camera pulpare propriamente detta che si continua apicalmente e si apre in un forame apicale e la cavità invaginata che si apre con un forame sulla corona.
Come è possibile notare nella radiografia queste condizioni sono presenti e la cavità invaginata sembra ricoperta da tessuto smalteo. Difficile dire radiograficamente se esiste una comunicazione fra la cavità invaginata e la cavità pulpare.
E’ possibile notare, evidenziati in rosso, i margini del dente interno.
Tornando alla clinica la piccola paziente di 10 anni necessitava di una soluzione in realtà duplice. Da parte nostra valutare se il dente poteva essere salvato e come e da parte sua una soluzione estetica.
Spiegato sia alla piccola paziente sia alla madre che prima si doveva capire se il dente poteva essere recuperato abbiamo deciso di aprire maggiormente l’accesso coronale all’invaginazione per cercare di capire se ci fosse una comunicazione con la parte vitale pulpare.
Si è proceduto, in assenza di anestesia, ad allargare il forame coronale tanto da poter accedere con uno specillo. La piccola paziente mi confermava assenza di sensibilità. Abbiamo quindi provveduto ad un lavaggio interno dell’invaginazione con ipoclorito di sodio al 6%, lavaggi multipli e prolungati risciacquando poi la cavità con soluzione fisiologica. L’uso dell’ipoclorito, come nell’endodonzia, permette di disinfettare al meglio la cavità e allo stesso tempo, digerire eventuali materiale organico presente.
L’assenza di sensibilità durante queste manovre può si indicare un’assenza di comunicazione fra l’invaginazione e la parte pulpare, ma non può escluderla a priori.
A questo punto andava presa una decisione in termini operativi e cioè come trattare questa cavità anomala. Dato anche le esigenze prognostiche abbiamo deciso di chiudere la cavità con semplice composito e rivalutare mediante test elettrico la vitalità a distanza di 6 mesi.
Si è quindi provveduto ad una mordensatura interna della cavità mediante acido ortofosforico al 37% rimosso e lavato mediante soluzione fisiologica. Si è provveduto ad ascugare la cavità mediante coni di carta endodontici e si è poi applicato un adesivo mescolato con un autoindurente. La cavità è stata poi riempita con composito auto e foto indurente.
Nel caso di test valido a 6 mesi e quindi polpa vitale si è pensato di inserire un perno in fibra nella stessa cavità e facendo uso di vecchi preformati in celluloide (presenti in un cassetto da illo tempore) ricostruire in termini provvisori un laterale esteticamente accettabile. L’idea di optare per una soluzione provvisoria con una ricostruzione in composito per valutare sia eventuali compromissioni nel tempo della parte pulpare, sia per sfruttare una maggiore migrazione in arcata del dente per poi programmare una coroncina in composito definitiva.
Dott. Jacopo Cioni