Una grande scoperta. L’otturazione più antica ha 13.000 anni, ed è opera di un “garfagnino”
Una grande scoperta. Fra le mille paure riconosciute come patologie ce n’è una che è chiamata odontofobia è non è altro che la semplice paura del dentista, riconosciuta come tale anche dall’organizzazione mondiale della sanità. L’appuntamento dal dentista infatti rappresenta per molti di noi uno spiacevole incontro e nonostante ciò, anche se con una sensazione di urtante disagio ci facciamo coraggio e ci rimettiamo a lui con la solita preghiera: – Per cortesia…non mi faccia male…-. Alla fine di tutto questo ci accorgiamo poi che il male maggiore lo subirà il nostro portafoglio. (N.d.R. L’autore dell’articolo ha ragione, i dentisti sono cari, non per loro scelta come un tempo, ma per un livello di spese, compreso lo Stato, che non lasciano certo lauti guadagni nelle nostre tasche)
A proposito di dolore… Ma una volta i denti venivano curati? Ma per una volta non intendo cento o duecento anni fa…per una volta intendo ben tredicimila anni fa…Si avete capito bene, è notizia di pochi giorni fa (esattamente del 10 aprile) che in Garfagnana è stata ritrovata su dei denti umani risalenti all’era glaciale la più antica otturazione di sempre.
Tutte le maggiori riviste scientifiche specializzate danno notizia del clamoroso ritrovamento e addirittura anche l’ANSA (l’agenzia nazionale stampa associata) riporta la notizia con enfasi. Allora il mal di denti e di conseguenza l’utilità del dentista erano già ben noti ai nostri antenati, e questa otturazione considerata la madre di tutte le riparazioni dentali esistenti non deve essere stata solamente la più datata ma a mio avviso anche la più dolorosa.
La scoperta riguarda due incisivi superiori, rinvenuti nel sito archeologico di Riparo Fredian, situato lungo la Turrite Secca non distante dall’antico borgo dell’Isola Santa. Prima di andare al nocciolo della questione il sito e la zona intorno al Riparo Fredian merita due righe, perchè oltre a questa scoperta questo luogo archeologicamente parlando è fra i più importanti della Toscana ed è frequentato da studiosi di tutto rispetto che attraverso approfondite ricerche hanno ricreato l’ipotetico ambiente, l’economia e le attività quotidiane di questi uomini preistorici che vivevano in quel luogo già dal Mesolitico (periodo che va dal 10.000 all’8000 a. C).
Essi effettivamente si occupavano di caccia e raccolta. Ritrovamenti ossei di stambecco confermano la caccia esclusiva di questo animale non più presente nelle nostre zone che con i secoli fu sostituito dal cervo che divenne così fonte principale d’alimentazione. Qui si praticò la caccia anche ai piccoli mammiferi come lepri, castori e conigli e in questi antichi uomini nel medesimo periodo si intensificò pure la raccolta di bacche e frutti spontanei, in particolare è ben testimoniata la raccolta delle nocciole, data l’abbondanza dei resti di gusci carbonizzati rinvenuti. Fra le varie scoperte fatte, sono stati ritrovati anche utensili in selce di svariate forme (trapezi,triangoli e semi-lune) che certificano che lo strumento di caccia prediletto era la lancia, queste piccole pietre si presume che fossero la punte di queste lance che potevano eventualmente essere usati come frecce e arpioni.
Tutti i numerosi ritrovamenti avvenuti in questo sito garfagnino convalidano la tesi che questo posto è fra i più importanti dell’Italia centrale in fatto di preistoria, proprio perchè è ben documentato che qui vi fosse una popolazione stanziale che si spostava solamente nella montagna sovrastante in estate, mentre d’inverno quando in altura cominciava il freddo pungente faceva nuovamente ritorno a valle. Il Riparo Fredian fra le altre cose ha segnato la sua fortuna e il suo destino proprio nei denti, tanto è vero che tra gli svariati resti ossei che sono stati recuperati di animali estinti ci sono due premolari del mitico leone delle caverne, forse di per sè vorranno dire poco, ma quei denti appartengono all’ultimo leone finora documentato sul territorio italiano. Il leone delle caverne del paleolitico Questo fantasmagorico felino è vissuto nelle Alpi Apuane circa undicimila anni fa, come misurato e calibrato con il carbonio 14.
Ma dopo questo doveroso ed interessante preambolo veniamo alla mirabolante scoperta dei giorni nostri, quando antropologi dell’università di Bologna, in collaborazione con studiosi americani e irlandesi hanno scoperto denti umani attribuiti a sei individui di età differenti, ma quelli che hanno fatto sobbalzare dalla scrivania questi esimi studiosi sono questi due incisivi superiori appartenuti a “Fredian 5” (così sono stati ribattezzati dai ricercatori), questi denti da analisi fatte appartengono a un soggetto di non giovane età, inoltre non si conosce il sesso e le condizioni di salute, ma rimane il fatto che possiamo datare con una certa precisione questo eclatante ritrovamento che risale al Paleolitico e con più precisione a tredicimila anni fa, ciò ci può far dire che questa è senza ogni ombra di dubbio la più antica otturazione al mondo, cosa ancor più sorprendente invece è che già al tempo ci fossero conoscenze rudimentali in materia odontoiatrica, a sostegno di questa tesi il professor Stefano Benazzi (docente presso il Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Bologna) ci dice che attraverso l’analisi dei denti di questo uomo preistorico, (fatte con diverse tecniche di microscopia) sono stati individuati due fori centrali, trattati con piccole incisioni, per meglio capirsi queste cavità furono scavate e allargate presumibilmente per ripulire l’area dalla carie e con ogni probabilità questa operazione fu effettuata con schegge di pietra (l’equivalente del trapano attuale del dentista moderno):-
Sulla parete dentale -ci dice ancora Benazzi- abbiamo trovato una serie di minuscoli segni orizzontali-. Ma il dettaglio sorprendente non risiede in queste incisioni, ma nella specificità del trattamento, infatti i ricercatori attraverso svariate metodologie di indagine che vanno dai microscopi elettronici a scansione per arrivare alla tomografia ai raggi X, hanno individuato all’interno dei denti tracce di bitume, associate a fibre vegetali e peli animali e se i frammenti vegetali e i peli potrebbero essere rimasti “intrappolati” accidentalmente nella cavità, la presenza di bitume al suo interno non può essere casuale, quindi questa è (così dicono gli esperti) una vera e propria cura con finalità terapeutica e questo mix di fibre vegetali, peli e bitume è da considerarsi una vera e propria pasta per otturare l’apertura, ridurre il dolore e impedire al cibo di andarsi a depositare nella zona sensibile.
Era una soluzione rozza e probabilmente anche fastidiosa, ma questo ci indica che questi uomini avevano una certa conoscenza delle piante officinali, l’archeologo Claudio Tuniz dell’università di Wollogong (Australia) ci suggerisce che il bitume in associazione con le fibre vegetali potrebbe essere stato usato come disinfettante, inoltre ci spiega che la necessità di questi interventi dentali sarebbe con il tempo diventata sempre più importante e in questo influi molto il variare della dieta dei primitivi, in particolar modo quando furono introdotti i cereali e i cibi zuccherini come il miele. Rimane quindi per questi universitari un’immensa soddisfazione per le ricerche fatte, i dettagli di questo studio sono stati pubblicati nientedimeno che nella famosissima rivista scientifica “American Journal of Physical Anthropology”. Gli incisivi di “Fredian 5” sono quindi il più antico esempio di questo tipo di intervento e l’indelebile traccia lasciata dal primo dentista della storia dell’umanità, che come abbiamo letto era sicuramente un “garfagnino”. Bibliografia: “American Journal of Physical Anthropology” pubblicazione del 27 marzo 2017 6° Convegno di Archeozoologia. Università di Pisa.
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