Sterilizzazione
di Jacopo Cioni
Estratti di appunti usati per la pubblicazione su wikipedia
Un piccolo preambolo. La lettura di questi articoli ha lo scopo di spiegare, sommariamente, perchè e come si riporta un ambiente contaminato e degli strumenti contaminati durante un intervento operativo ad una condizione di nuovo utilizzo.
La sequenza più opportuna di lettura è:
- Le infezioni crociate
- Sistemi Barriera
- Decontaminazione e disinfezione della zona operativa
- Fasi di pre-Sterilizzazione dello strumentario
- Sterilizzazione
La sterilizzazione è intesa come il risultato finale di un processo che rende la sopravvivenza dei microrganismi altamente improbabile. Una gruppo di oggetti è considerato sterile se solo un oggetto su un milione è contaminato. Un oggetto viene definito sterile se il SAL (livello di sicurezza di sterilità) è inferiore a 10−6; cioè quando le probabilità di trovarvi un microrganismo sono inferiori ad una su un milione.
La sterilizzazione, ai sensi di legge, necessita per ogni articolo appartenente alla Categoria 1 (Articolo Critici) cioè tutti quegli strumenti e oggetti che vengono a contatto con aree del corpo normalmente sterili o che vengono a contatto con cute e mucose non integre. Questo vale sia per attività chirurgiche sia per attività diagnostiche e terapeutiche.
Esistono vari mezzi di sterilizzazione che si basano su processi diversi ma sempre con lo scopo di distruggere i microrganismi provocando l’alterazione letale di alcuni loro componenti essenziali quali la denaturazione delle proteine e degli acidi nucleici e la degradazione di componenti della membrana e parete cellulare.
Le procedure preliminari sono state descritte negli articoli indicati all’inizio.
Caratteristiche di un buon sistema di sterilizzazione.
- Essere pratico ed economico.
- Dare garanzia d’efficacia.
- Poter essere controllato.
- Garantire, nel tempo, il mantenimento del risultato raggiunto.
Mezzi Fisici di sterilizzazione
Il calore è il metodo più efficace e comodo per ottenere la sterilità. La durata del riscaldamento necessario per ottenere la sterilizzazione è molto importante, ed è tanto più lungo quanto più bassa è la temperatura che si usa. Come già ricordato le spore sono la forma più resistente ed in base alla loro resistenza che sono state stabilite le condizioni della sterilizzazione.
Esistono vari sitemi di sterilizzazione che usano il calore, dalla semplice bollitura degli strumenti al forno di Pasteur. Oggi lo standard è rappresentato dall’uso del calore umido mediante l’uso delle autoclavi.
Calore secco: Forno Pasteur
La sterilizzazione avviene attraverso il contatto dell’oggetto con aria calda che agisce ossidando i componenti cellulari; sono utilizzate la stufa a secco o il forno Pasteur. In media, per una sterilizzazione completa è necessario che sia raggiunta una temperatura di 160º per un’ora o di 180º per 30 minuti. A questi tempi si devono aggiungere poi i tempi di riscaldamento e raffreddamento che portano un ciclo a 180-240 minuti. È comune uso lasciare aperto lo sportello dell’apparecchio per la sterilizzazione fino a temperature di 80/100º: in questo modo si permette la fuoriuscita dell’eventuale vapore acqueo che si potrebbe creare e che andrebbe a ridurre l’efficienza del processo. È comunque una tecnica ormai in disuso e soppiantata dalla sterilizzazione a vapore. Il calore secco ha vari svantaggi sia per le temperature molto alte che non permettono di sterilizzare materiali termosensibili, sia l’impossibilità di verificare l’avvenuta sterilizzazione, sia l’assenza di un mantenimento nel tempo del risultato raggiunto fino al momento dell’utilizzazione dello stesso strumentario sterilizzato.
Calore umido: Pentola di Koch
Permette di inattivare i microrganismi con temperature e tempi nettamente inferiori. L’ambiente umido permette un passaggio molto più rapido del calore dall’ambiente ai corpi da sterilizzare; aumenta cioè la diffusione e la penetrazione del calore nella cellula. Per rendere chiaro il concetto facciamo un paio di esempi. Si riesce a sopportare sulla pelle 60°C di un asciugacapelli, ma non la stessa temperatura se immergiamo una mano in acqua a 60°C, oppure possiamo sopravvivere per 10-15 minuti in una sauna a 90-100°C, ma moriremmo molto più rapidamente in acqua a 100°C.
Se non esistessero le spore sarebbe sufficiente immergere uno strumento in acqua a 60°C per 60 minuti per ottenerne la sterilità. Per uccidere le spore l’acqua dovrebbe raggiungere temperature ben più alte di 100°C. Su questo principio nascono le autoclavi.
Autoclavi
Oggi è la forma più sicura utilizzabile in ambito odontoiatrico, nonostante sia stata inventata nel 1873. Rientra nelle tecniche di calore umido.
Il vapore saturo elimina i microrganismi mediante denaturazione delle loro proteine e di altre biomolecole. La sterilizzazione mediante autoclave è quella più diffusa in campo medico essendo poco costosa, affatto tossica e il suo ottimo funzionamento.
L’autoclave permette di far bollire l’acqua a temperature più alte. Tutti sanno che l’acqua bolle a 100°C alla pressione di 760 mmHg; aumentando la pressione si deve aumentare la temperatura per ottenere che l’acqua bolla. Questo principio è sfruttato nelle autoclavi per aumentare la temperatura di ebollizione.
Il meccanismo di funzionamento è in realtà semplice, da un recipiente ermetico rimuoviamo l’aria, questo permette all’acqua presente di evaporare e dato che il vapore non si può disperdere si determinerà un aumento della pressione all’interno della camera. La presenza di una pressione maggiore determina un aumento della temperatura a cui l’acqua evapora. Perché la sterilizzazione avvenga il vapore deve penetrare in tutte le parti del materiale e starvi in contatto per un certo tempo è quindi importante che non rimangano sacche d’aria.
La normativa stabilisce le categorie di carico in base alla difficoltà d’esposizione al vapore saturo, le categorie sono:
- a) Solidi, senza spazi cavi.
- b) Cavi tipo A, con spazi cavi profondi e stretti (il cui rapporto diametro/profondità varia da 1/5 a 1/750, secondo la norma UNI EN 13060)[1].
- c) Cavi tipo B, con spazi cavi poco profondi e larghi.
- d) Porosi, ovvero carichi complessi che trattengono aria prima del ciclo e umidità dopo.
I più facili da sterilizzare sono i solidi non confezionati, i più complessi i porosi confezionati.
Allo scopo di definire i parametri corretti per raggiungere tale obiettivo la Commissione Tecnica Europea CEN TC WG 5 ha costituito un gruppo di esperti in microbiologia, sterilizzazione e tecnici dei principali fabbricanti delle piccole sterilizzatrici a vapore saturo, per definire i principi atti ad impedire la possibilità di trasmissione delle infezioni. La commissione ha portato alla stesura di un documento siglato prEN 13060 che definisce tre classi di processo di sterilizzazione (spesso chiamato ciclo di sterilizzazione) in relazione alla capacità di sterilizzare e di asciugare vari tipi di carico Template:EN13060:2010.
Le tre classi definite nella norma EN13060:2010 sono:
- Type B (B sta per big sterilizers) è un ciclo del tutto simile ai cicli eseguiti dalle dai grandi sterilizzatori ospedalieri permette di sterilizzare e asciugare tutti i tipi di carichi definiti nella norma.
- Type N (N sta per naked) è un ciclo che è in grado di sterilizzare solo strumenti solidi (non cavi) non imbustati, questo tipo di ciclo non permette lo stoccaggio degli strumenti.
- Type S (S sta per specified) è un ciclo tra l’N e il B, il produttore deve dichiarare quali carichi si possono sterilizzare utilizzando quel ciclo e se lo stesso sia in grado o meno di asciugare i carichi specificati.
Le spore di virus e batteri muoiono dopo 30 minuti di esposizione a vapore saturo alla temperatura di 130 gradi. Oltre alla temperatura, è importante il tempo di esposizione e che sia vapore non acqua. Se la temperatura è più alta, è sufficiente un minore tempo di esposizione; per raggiungere temperature più alte con il vapore, occorre alzare la temperatura di ebollizione dell’acqua con una pressione più elevata.
Le classi di autoclavi si differenziano proprio per la capacità di gestire i diversi carichi. Le autoclavi di classe B sono in grado di sterilizzare qualunque tipo di carico, le autoclavi classe N solo i carichi solidi non imbustati, le autoclavi classe S riempiono il vuoto fra la B e la N e deve essere specificato dal costruttore la loro capacità. L’avere acquistato e installato una buona autoclave non garantisce che il ciclo effettuato sia stato veramente efficace. Per essere sicuri dell’efficienza dell’autoclave questa deve essere soggetta a manutenzione regolare e ne va valutata la sua efficacia attraverso appositi test. In un lavoro di Leghista (1996) si è visto che su 1380 cicli di sterilizzazione sostenuti da tre autoclavi nuove e di buona marca, si sono avuti due cicli non sterilizzanti.
I tempi di sterilizzazione variano in funzione della temperatura e della pressione e dell’imbustamento degli oggetti.
Genericamente:
- da 3 – 10 min. (secondo se confezionati o meno) a 134°C e 2 atm. Per materiali termoresistenti.
- da 15 – 20 min. (secondo se confezionati o meno) a 121°C e 1 atm. Per materiali termolabili.
I tempi indicati corrispondono alla fase effettiva di sterilizzazione, cioè il tempo comincia a segnare solo dopo che questi valori sono stati raggiunti e mantenuti.
Dott. Jacopo Cioni